Cefalea tensiva: impariamo a riconoscerla

La cefalea tensiva rappresenta indubbiamente una delle più frequenti e diffuse forme di mal di testa. Viene solitamente riferita come un dolore continuo o subcontinuo, descritto come una “stretta” o un peso sulla testa, di intensità moderata. Ed è proprio questa sua tendenza alla cronicizzazione e alla persistenza che lo rende particolarmente invalidante e di difficile trattamento: il dolore è sì contenuto, ma accompagna il Paziente in ogni suo momento della giornata. Il dolore interessa solitamente la nuca, il vertice, le regioni periorbitarie.

Gli episodi hanno solitamente durata variabile, oscillando da pochi minuti sino ad alcuni giorni o addirittura settimane. La classificazione prevede una forma episodica (frequente o infrequente in base al numero di episodi mensili) o cronica (oltre quindici attacchi al mese).

Non di rado il dolore è già presente al momento del risveglio, ed è acutizzato nella sua frequenza e intensità da ogni forma di stress psico-fisico. Questo rappresenta di gran lunga uno dei più importanti elementi implicati nella genesi della cefalea (non per niente in passato veniva definita “da stress”), anche se la tensione muscolare, da sola, non è sufficiente (e talora non necessaria) ad avviare l’attacco cefalalgico.

Il Dott. Davide Borghetti, specialista in neurologia, precisa “Tra i fattori scatenanti possiamo trovare una postura inadeguata – tanto durante il giorno quanto durante il riposo notturno, i quadri ansioso-depressivi, l’abuso e la dipendenza da analgesici, le alterazioni della colonna vertebrale cervicale, le anomalie dell’articolazione temporomandibolare”.

Nelle forme episodiche la terapia d’attacco prevede l’impiego di comuni anti-infiammatori (i cosiddetti FANS), tra i quali ritroviamo il paracetamolo, l’ibuprofene, l’asprina e così via. Non di rado viene abbinato un miorilassante.

Nelle forme cronicizzate, invece, è importante affiancare una terapia che abbia valenza di profilassi, ovvero capaci di ridurre il numero e l’intensità degli attacchi. “Tra i farmaci più comunemente utilizzati per la profilassi della cefalea tensiva abbiamo gli antidepressivi triciclici, come ad esempio l’amitriptilina, soprattutto per il loro effetto stabilizzante e riequilibrante sull’elaborazione centrale delle afferenze sensoriali e dolorose”, precisa il Dott. Borghetti.

Nella terapia tanto delle forme episodiche quanto quelle croniche è opportuno mettere in atto anche delle strategie non farmacologiche, come ad esempio, la fisioterapia (soprattutto nel caso in cui si abbia a che fare con patologie a carico del rachide cervicale), la riabilitazione posturale globale (RPG, effettuata da professionisti abilitati), la terapia comportamentale e la psicoterapia, l’igiene del sonno, dell’alimentazione e delle attività lavorative (postura, seduta, monitor e così via).