Quest’oggi affronteremo insieme il tema del polistirolo, materiale versatile ma anche potenzialmente controverso. Vi condurremo in un viaggio alla scoperta della genesi, delle proprietà e delle criticità di questo polimero, diffuso in ogni angolo delle nostre vite.
L’incipit della nostra narrazione richiede una premessa: il polistirolo deriva dallo stirene, composto organico isolato per la prima volta dal balsamo di storace. Fu questo il primo passo che condusse, in un percorso a tappe, alla realizzazione di uno dei materiali più comuni, ma anche più problematici, del ventunesimo secolo.
Come vedremo, la diffusione del polistirolo ha seguito un andamento parabolico: dapprima accolto come miracolosa innovazione, è poi divenuto emblema del consumismo e oggetto di aspre critiche. Ripercorriamo insieme la storia di questo materiale.
Le origini del polistirolo
La storia del polistirolo inizia con la distillazione di un olio aromatico: lo stirene. Questa molecola dal caratteristico odore dolciastro venne isolata per la prima volta nel 1831 dal chimico francese Auguste Laurent. Egli la ottenne dallo storace, resina prodotta dall’omonimo arbusto diffuso nel bacino del Mediterraneo. Lo stirene rappresentò la scintilla da cui sarebbe scaturita l’era del polistirolo.
Bisognerà attendere il 1930 perché lo stirene venga impiegato per produrre un materiale polimerico: il polistirolo, grazie alla scoperta del chimico tedesco Hermann Staudinger, premio Nobel per la Chimica nel 1953. Le eccezionali proprietà di questa innovativa materia plastica non tardarono a diffondersi.
La produzione industriale del polistirolo decollò nel secondo dopoguerra, negli anni ’50-’60, quando il boom economico e consumistico rese il polistirolo, leggero ed economico, un materiale strategico.
Il processo produttivo del polistirolo
Come anticipato, il polistirolo proviene dallo stirene.
I monomeri di stirene si assemblano in lunghe catene tramite polimerizzazione, dando vita a un materiale dalle proprietà rivoluzionarie.
Lo stirene liquido viene mescolato con acqua e un catalizzatore. Si formano così delle perle di polistirolo, successivamente rinforzate con vapore e stabilizzanti. Infine, l’aggiunta di pentano come agente espandente trasforma queste perle in soffice schiuma.
L’intero ciclo produttivo è gestito da computer che ne controllano pressione, temperatura e velocità. Solo la precisione dell’automazione industriale può conferire al polistirolo le caratteristiche di leggerezza e versatilità.
Un materiale dalle mille virtù
La leggerezza, la versatilità e il basso costo rendono il polistirolo adatto a molteplici applicazioni. È un eccellente isolante termico e acustico, oltre a essere impermeabile e resistente chimicamente.
La sua diffusione è capillare, dall’usa e getta, alle spedizioni di prodotti fino alla nostra quotidianità domestica.
La sua estrema lavorabilità gli consente di assumere ogni forma. Può essere modellato, stampato, estruso, espanso. Un materiale autentico che ha contribuito a plasmare la società dei consumi, fino a diventarne l’icona.
Il polistirolo, grazie alle sue caratteristiche, viene impiegato per gli usi più disparati, ma è l’ideale soprattutto per proteggere oggetti fragili durante il trasporto.
Spesso, infatti, viene anche utilizzato all’interno di scatole di cartone per attutire gli urti ed evitare la rottura degli oggetti contenuti.
Ad oggi è un materiale che si può acquistare facilmente anche online, sui siti di rivenditori o produttori in diverse forme come sfere, fogli, blocchi.
Inoltre, il suo essere termoisolante lo rende idoneo anche per la realizzazione di vaschette per alimenti. Maggiori informazioni si possono trovare sul sito https://www.poliplast.it/it/prodotti-per-imballaggio/polistirolo-polietilene.
Imballaggi, contenitori monouso, isolanti per l’edilizia, componenti di elettrodomestici e giocattoli: il polistirolo ha colonizzato ogni settore.
Dall’altro lato però, la sua difficilissima biodegradabilità e il massiccio inquinamento da microplastiche lo rendono emblema del consumismo irresponsabile.
La principale critica mossa al polistirolo riguarda la sua resistenza alla biodegradazione. La struttura chimica del polimero, infatti, lo rende pressoché inerte negli ambienti naturali, tanto che si stima possa impiegare oltre 500 anni per degradarsi completamente. Anche il riciclo rappresenta una sfida, dato l’elevato volume occupato dal polistirolo espanso che rende oneroso il trasporto.
Attualmente la quota di polistirolo riciclato è inferiore al 20% e il processo richiede una rigorosa separazione per colore e qualità. Smaltire correttamente questo materiale sembra un’impresa ardua, forse impossibile, con le attuali infrastrutture e abitudini di consumo.
Il futuro del polistirolo per una maggiore sostenibilità
Di fronte alle critiche ambientali, l’industria del polistirolo si sta adoperando per trovare soluzioni più eco-compatibili, tanto che si stanno sperimentando alternative biodegradabili come l’acido polilattico (PLA), materiali compositi con fibre naturali e additivi che accelerano la degradazione del polimero.
Anche i processi produttivi puntano a una maggiore sostenibilità, utilizzando materie prime da fonti rinnovabili, ottimizzando i consumi energetici e riducendo le emissioni. Inoltre, le tecnologie all’avanguardia, come la stampa 3D, consentono di produrre oggetti in polistirolo con design personalizzati e minor spreco di materiale.
Sul fronte del riciclo si studiano nuovi metodi come la depolimerizzazione chimica, che permette di ricavare monomeri di stirene dal polistirolo da riutilizzare. La sfida è incrementare la raccolta differenziata e il riciclo chimico per una filiera circolare. Si stanno anche sviluppando bioplastiche da polistirolo riciclato.
L’innovazione tecnologica apre promettenti vie per un uso più responsabile di questo controverso materiale, anche se sarà indispensabile un cambiamento culturale nei modelli di produzione e consumo.
Il futuro del polistirolo è in bilico tra innovazioni tecnologiche promettenti e resistenze al cambiamento. Molti passi avanti sono stati fatti, ma la strada verso la piena circolarità è ancora lunga e tortuosa. Sarà necessario l’impegno congiunto di operatori del settore, policy maker e consumatori consapevoli, per garantire che questo controverso materiale, così onnipresente nella nostra società, possa dirigersi verso un domani realmente “green”.