Cosa sono le cartelle esattoriali e perché, soprattutto, se ne parla sempre così tanto?
Le cartelle esattoriali (conosciute anche come cartelle di pagamento) sono degli strumenti utilizzati da alcuni enti riconducibili alla Pubblica Amministrazione (Comune, INPS, Agenzia delle Entrate) per richiedere e sollecitare il pagamento di un debito erariale. Ma di cosa si tratta esattamente?
Il caso più conosciuto riguarda le cartelle esattoriali che l’Agenzia delle Entrate invia per riscuotere crediti relativi a contravvenzioni stradali, iscrizioni ad albi, tasse comunali e sanzioni amministrative.
Per questo, quindi, non è mai positivo vedersi recapitare una cartella esattoriale.
Com’è fatta una cartella esattoriale
La cartella esattoriale, come detto, è una comunicazione che gli enti inviano ai soggetti insolventi per recuperare la totalità o una parte dei crediti che spetta loro.
Il documento è composto da diverse pagine che contengono le seguenti informazioni:
- importo che il soggetto deve versare;
- richiesta del versamento entro 60 giorni dalla notifica;
- modalità di pagamento;
- informazioni su eventuale richiesta di rateizzazione o ricorso;
- nominativi dei responsabili del procedimento.
La cartella esattoriale può essere inviata al soggetto insolvente sia sotto forma di raccomandata con avviso di ricevimento che con la PEC (Posta elettronica certificata). La scelta della modalità avviene a seconda della tipologia dell’atto.
Cosa succede in caso di mancato pagamento della cartella esattoriale
Il tempo che viene concesso solitamente per il pagamento dell’importo della cartella esattoriale è di 60 giorni. Cosa succede, però, nel caso in cui si dovesse superare questo limite di tempo?
Può capitare, infatti, che il soggetto indebitato, soprattutto quando si tratta di importi molto alti (come nel caso di contributi INPS non pagati), non disponga subito della somma richiesta per risanare il debito.
Nonostante ci siano diversi casi in cui si può attendere la prescrizione della cartella esattoriale di Equitalia, quello che vedremo di seguito è il normale iter che gli enti seguono per riscuotere il proprio debito.
La prima conseguenza del mancato pagamento è l’aumento dell’importo da versare nelle casse dell’ente. Alla somma originaria, infatti, si devono aggiungere gli oneri di riscossione e gli interessi di mora calcolati per ogni giorno che passa dalla data di notifica della cartella.
Il riscossore, a seguito di un mancato pagamento, può inoltre intraprendere alcune azioni di tipo amministrativo come, ad esempio, il fermo dei veicoli che sono intestati al soggetto che non ha ancora risanato i propri debiti erariali.
Nel caso in cui il debito dovesse superare i 20.000 euro, inoltre, può procedere all’iscrizione di ipoteca sui beni immobili del soggetto insolvente.
Se il debito non viene saldato entro 30 giorni dal secondo avviso di pagamento, il soggetto può subire l’espropriazione forzata di alcuni beni personali. Non mancano i casi in cui si esegue il pignoramento dello stipendio, della pensione e del conto corrente, ma anche di beni immobili o mobili.
Dall’espropriazione forzata alla vendita dei beni all’asta viene solitamente data un’ultima finestra di tempo di 5 giorni per permettere al debitore di saldare l’importo dovuto.