Negli ultimi mesi abbiamo tutti imparato il significato della sigla DPI: Dispositivo di Protezione Individuale. Nel periodo storico in cui viviamo è, sopra ogni altro, la mascherina, necessaria per limitare il numero di contagi dovuti alle infezioni respiratorie. Fanno però parte dei DPI anche molti altri strumenti, come guanti, camici, occhiali, visiere, caschi, scarpe antinfortunistiche.
Se il DPI è indossato o utilizzato dalla persona per proteggere se stessa, di contro, i Dispositivi di Protezione Collettiva sono apparati o strumenti applicati agli ambienti di lavoro, per proteggere il prodotto finale, la salubrità dell’ambiente e la salute dei lavoratori.
Vediamo insieme quali sono i principali DPC, specialmente quelli utilizzati nei lavori in copertura.
Qualche esempio di DPC
Abbiamo già elencato qualche Dispositivo di Protezione Individuale: guanti, mascherine, visiere, occhiali, abiti, scarpe lo sono, perché vengono utilizzate dal singolo individuo per difendersi da danni e incidenti.
I DPC sono invece, per esempio:
- Le cappe di aspirazione, che evitano, a seconda della tipologia, che virus, batteri, polvere e sostanze chimiche si riversino nell’ambiente e possano intossicare i presenti e i lavoratori, oppure si sversino nell’ambiente naturale
- Glove box: cioè “scatole” di materiale trasparente dotate di due buchi a cui sono affissi dei guanti estremamente spessi. Vengono usate per esempio nei laboratori chimici, biologici o farmaceutici, quando i normali guanti non garantiscono sufficiente protezione e i lavoratori devono stare ben lontani dai materiali e dalle sostanze che maneggiano. Fanno parte di questa categoria anche CACI e CAI, due “box” che isolano completamente, a pressione negativa o positiva, le sostanze all’interno rispetto all’esterno dell’ambiente di lavoro.
- Armadi isolatori: sono armadi in cui vengono custoditi reagenti chimici, sostanze o materiali in qualche modo pericolosi se maneggiati impropriamente o se lasciati nell’ambiente.
- Reti di sicurezza, impalcature e strutture che evitano le cadute, per esempio nei cantieri.
Quando funzionano i DPC
I DPC funzionano correttamente, proteggendo prodotti, ambiente e lavoratori solo e soltanto in due circostanze:
- Se sono scelti, installati e utilizzati in modo adeguato, seguendo contemporaneamente anche tutte le altre regole di sicurezza
- Se sono revisionati frequentemente e sostituiti al primo accenno di malfunzionamento che può renderli pericolosi
Nei lavori di copertura
Parliamo di DPC nei lavori in copertura riferendoci a quei dispositivi che evitano traumi e cadute nei lavori in quota. I lavoratori impegnati su un tetto o una facciata fanno affidamento a funi speciali, imbracature, reti di sicurezza, ponteggi, parapetti provvisori che consentono un accesso sicuro all’area di lavoro, l’esecuzione del lavoro e prevengono (o riducono i danni nel caso accadano) cadute anche pericolose e fatali.
La legge sulla sicurezza dei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) prescrive che tali strumenti di sicurezza siano assolutamente obbligatori: la responsabilità per l’acquisto e la verifica del corretto utilizzo è del datore di lavoro, che deve formare i dipendenti per un uso corretto di questi strumenti. Compito del capo cantiere sarà poi quello di verificarne l’utilizzo corretto in campo e segnalare ogni anomali. Insieme all’uso dei DPC va affiancato quello dei DPI, che proteggono ulteriormente i lavoratori da rischi specifici o residui “lasciati” dai DPC.